di Elsa Berardi
Scordatevi pure i soliti discorsi e le piazzate ancestrali degli amici di famiglia, quelli che, durante le loro graditissime visite, si assumevano l’onere di prevedere il nostro futuro: a quanti bambini ignari e dal buon lessico è stato raccomandato il tribunale di Forum? Come affermato da Alessandro Mantini, ex cappellano dell’ospedale “Gemelli” di Roma, viviamo nell’epoca del riduzionismo: lo stesso concetto di stato di diritto viene spesso trasfigurato e assimilato a uno show televisivo, così come il mercato letterario mondiale è accostato dai più al contrabbando di follie per visionari. Ma la letteratura non è riducibile al solo commercio. E soprattutto, nessuno è riducibile a una schiera imprecisata di “più”, anche se molto spesso è opportuno operare un distinguo tra i digiuni di sana cultura e chi se ne nutre quotidianamente.
Gli amici di famiglia sono ormai un’istituzione per ogni ragazzo di questa terra. Sono quelli che si autoinvitano nei sogni di tutti, consigliando caldamente ai quattordicenni di non fiondarsi sul liceo classico. E mentre alla mamma, diplomata con il vecchio sessanta, si rovesciano le tartine alle olive, il papà si cuce la bocca e annuisce divertito: secondo la sua originale opinione, le nicchie sono piene del proprio ego e voltarsi indietro per ricordare il passato è roba da storici, tanto “Il venticinque aprile è festa nazionale a prescindere” e “Il primo maggio non si lavora”.
Ma noi “classicisti” ne abbiamo preso atto e, circondati da increduli e diffidenti, abbiamo portato a scuola il modulo di iscrizione. Firmato pure dalla mamma, ancora sbigottita per la caduta delle tartine, mentre papà guardava a casa il solito derby con la solita pizza in mano sulla solita poltrona. E viva il derby, viva la pizza, viva la poltrona finché non sbarrano a chi ne usufruisce la vista di nuovi mondi, la conoscenza di culture inesplorate, la possibilità di abbattere annose frontiere ideologiche. La siepe de “L’infinito” esclude il guardo, ma non serve abbatterla alla radice per scavalcarla, deve rimanere, è l’origine della fantasia in quanto apparente paletto: è la paura di dover spegnere la TV a rendere i digiuni del mondo classico “altri da noi”. La comfort zone rassicura, ma non protegge davvero.
La Notte nazionale dei licei classici nasce proprio sul piacere di esperire (e far esperire) la novità: chi la conosce sa che è accattivante di suo, ma noi del mestiere, noi della nicchia, noi che delle tartine alle olive non ce ne siamo curati, dobbiamo convincere gli altri da noi che “di passato si tratterà pochissimo, giusto qualche lettura di Omero dei ragazzi più piccoli!”. Rocco Schembra, ideatore dell’iniziativa e docente di latino e greco presso il liceo classico Gulli e Pennisi di Acireale, nel 2014 l’aveva già capito, ma non si è dato per vinto: se è vero che la bellezza parla da sé e che chi si volta indietro comprende meglio il presente, è bene ammettere che, insegnando agli studenti ad apprezzare l’antica bellezza, si renderanno gli stessi capaci di trasmettere ai digiuni, agli affamati e ai curiosi la sua eco profonda.
È difficile fornire una spiegazione dettagliata della Notte e del valore formativo che riveste per chi la organizza e la frequenta. È possibile però sintetizzare il suo svolgimento in parole semplici: è un’opportunità di conoscere la cultura classica o rivivere il ricordo degli anni del liceo attraverso un percorso guidato, un percorso a ostacoli per i diffidenti. Sul primo cartello da scavalcare c’è scritto “Il teatro antico non può appassionarmi”: la commozione di adulti e bambini di fronte all’esibizione dei ragazzi in scene topiche degli spettacoli teatrali classici dimostra che le nicchie sono una proiezione illusoria. Feuerbach non avrebbe potuto usare parole migliori! Passiamo agli altri cartelli, su cui si legge “Al liceo classico non si dà spazio alle discipline scientifiche”, “Mangiare in compagnia felici di aver fatto delle scoperte? È impossibile tornare bambini in una sola serata!” e, last but not least, “O studi al classico o socializzi”…Pensare che invece a ogni Notte nazionale si tengono conferenze su argomenti di natura tecnico-scientifica, ci si riunisce appagati per l’esperienza attorno al buffet e l’organizzazione delle attività proposte mette in luce lo spirito collaborativo degli studenti che non perdono occasione per condividere momenti ricreativi e al contempo di intensa riflessione con i propri coetanei!
I docenti di ogni liceo classico, capaci di dar vita, edizione dopo edizione, a notti nazionali indimenticabili meritano un ringraziamento speciale: senza la loro passione e il loro impegno, mettere in piedi questi eventi di grande impatto emotivo sarebbe sicuramente impossibile, più impossibile di quanto sia da prevedere per molti una passione per il mondo classico spesso latente.
I ragazzi che vi partecipano, inoltre, non ne escono soltanto arricchiti sul piano culturale, ma forse, a dirla tutta, non ne escono mai sul piano emotivo: un giovane che esprime sé stesso studiando la concezione del mondo di chi l’ha preceduto, è un padre che non si rifiuterà di raccontare la favola della buonanotte a un figlio curioso perché il solito derby ha la precedenza. Quel derby in televisione non sarà mai uno dei tanti per l’uomo in questione, ma si colorerà di novità assolute, di sfumature inusitate che solo chi ha saputo desiderare di cogliere la novità sa trovare nel solito cielo azzurro su cui si affacciano le solite finestre. E mentre la squadra del cuore non segna, ecco che il principe azzurro ha potuto cavarsela nella storia appena letta e la sua dama è riuscita a schioccargli un bacio, mentre la solita pizza, solita per chi diffida, è avanzata e rimasta nel forno, accanto alla solita lattina di birra bevuta a metà.
E la solita notte, fuori dalle finestre di sempre, è buia per qualcuno ma Nazionale per altri, altri da chi diffida. Le proposte degli amici di famiglia sono un lontano ricordo: anche il papà ha capito che, in un percorso in apparenza tortuoso, non c’è pericolo se cade il vassoio di tartine. È vero che il dizionario Rocci ha il suo peso, ma i muscoli che ne conseguono sono pura goduria. E in ogni occasione, davanti a ogni ostacolo, la scimmia si rialza imparando a danzare: in un recinto di marciatori, un ballerino spaventa sempre, soprattutto se, perso l’equilibrio, riprende a volare sulla pista.
D’altronde, di danzare l’ha scelto. E gli amici di famiglia, con lo smartphone alla mano, rimangono ancora stupiti a filmarlo ogni volta che si esibisce.
Be First to Comment