Di Ludovica Parisi
Greta ama la natura, le piante, i fiori, tutto ciò che la fa sentire viva.
Ama qualsiasi creatura abbia la straordinaria potenza di rigenerarsi, ricrescendo e rifiorendo sempre, anche dopo un sole cocente, anche dopo un freddo che gela tutto.
Ama osservare il cielo, puntellato da piccolissimi frammenti di luce, minuscoli, lontanissimi eppure così capaci di restituirle il respiro.
Ama scrutare con i suoi occhi intensi le distese immense di fiori, campi infiniti, colorati, pieni di cose belle da guardare, che le fanno bene e le danno la pace che tanto desidera.
Adora ascoltare gli uccellini cantare, sono il suono più bello che esista, leggero, tranquillo e gentile, come una carezza.
A volte ama sdraiarsi e ascoltare il suono che produce il vento quando silenziosamente attraversa gli alberi col suo fruscio, sembra quasi un flauto che con la sua musica accompagna il dolce suono della natura.
Ma se c’è una cosa che più di tutte le dà soddisfazione è prendere col retino tutte le farfalle che trova.
Le agguanta, le osserva e poi le lascia volare via, come un pensiero fuggitivo con tanta voglia di scappare.
Osserva le loro ali morbide, ricche di sfumature, una più bella e intensa dell’altra, così eleganti, così sinuose, così armoniose. Le ricordano le ballerine dell’Opera che, tutte in fila, realizzano e danno vita, coi loro piccoli passetti ordinati, a una splendida coreografia.
Adora sentire la presenza di questi minuscoli esserini sulla sua mano, posarsi con delicatezza e lasciarsi ammirare dagli occhi curiosi di Greta.
E infine le osserva sbattere le ali per fuggire via e scomparire nel cielo azzurro, pronte per ricominciare forse la stessa impresa con qualcun altro.
A Greta, ragazza forte ma fragile, è sempre piaciuto scoprire come il mondo funziona, i suoi processi, i suoi meccanismi, come la vita intorno a lei procede silenziosa.
Lo fa convinta che prima o poi troverà qualcosa in grado di aggiustarla, di mettere al giusto posto gli ingranaggi malfunzionanti del suo corpo.
E quindi continua ogni giorno la sua meticolosa ricerca della perfezione morale, almeno nella natura, ammesso che esista un briciolo di compiutezza in tutto questo disordine meraviglioso.
. . .
Ora Greta non parla più, si è rinchiusa dentro sé stessa, ogni giorno soffoca un pezzetto di ciò che la rappresenta.
Il suo mondo non è più fatto di colori e sfumature ma di un grigio pantone, uniforme e tutto uguale, compatto, senza forma, senza dimensioni, senza amore.
La finestra del suo cuore è serrata e non si aprirà più, il suo sorriso largo non si mostrerà al mondo e i suoi occhi hanno smesso già da tempo di scrutare l’orizzonte.
“Tanto cosa c’è da guardare? È tutto qui, tutto delimitato dal filo spinato del mio dolore” pensa rassegnata.
Greta soffre.
Le sue farfalle ora hanno smesso di volare.
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