di Elena Erasmi
Veritas vos liberat, la verità vi rende liberi. Così disse Gesù, stando a quanto riportato nel Vangelo di Giovanni (8, 32). Parallelamente nel libro della Genesi viene dato all’uomo il potere su ogni creatura dando a questa un nome: due eventi apparentemente distanti, ma collegati da un sottile percorso logico, che unisce le parole comprendere, definire e controllare.
Comprendere è una parola dal significato profondo: viene utilizzata sia come sinonimo di “capire” che di “accorpare”. Capire qualcosa significa in qualche modo inserirla in un insieme di elementi affini. Questo ci permette di darle una prima definizione come parte di una categoria, di persone, luoghi, animali, oggetti, eventi etc.
Definire è la seconda parola che ho utilizzato, che nasce come sinonimo di limitare. Ecco che definendo qualcosa che si è compreso se ne modella la forma, distinguendolo dagli elementi simili per delinearne le caratteristiche.
Sapendo che elementi simili reagiscono in modo simile allo stesso stimolo, e riconoscendo le differenze che definiscono lo specifico elemento con cui interagiamo, possiamo avere su questo una forma di controllo; l’uomo biblicamente diede un nome a piante ed animali, perché ognuno di questi reagiva diversamente alle interazioni, e così fece tra animali diversi e via dicendo. Questo gli permise di avere delle basi su cui costruire un sistema di interazioni efficaci.
Abbiamo dunque visto come un essere umano acquisisca potere sulle cose comprendendole e definendole, ma è altresì vero che una delle sfide che dobbiamo affrontare è conoscere noi stessi, prima che siano altri a conoscerci, e magari a plasmarci in una forma che non desideriamo.
Sembra qualcosa di remoto, ma la prima cosa che viene tolta a un uomo che viene privato della libertà è il nome: così accade in carcere, così accadeva nei lager. Questo semplicemente perché un nome è più di una parola, è un’intima definizione di un individuo che lo distingue dall’insieme degli altri simili in cui è compreso.
Chiaramente questo esempio è una iperbole; tornando più al concreto, è la conoscenza delle cose che ci permette di fare delle scelte potendo prevedere le conseguenze di queste decisioni, ed è la corretta comprensione delle conseguenze che ci permette di esercitare la nostra libertà di scelta.
Emanciparsi vuol dire fare una scelta, svincolandosi da costrizioni e restrizioni, essendo non solo liberi di poter scegliere, ma anche pienamente responsabili delle conseguenze, pronti ad affrontarle in prima persona. Un privilegio (non sempre vissuto in questo modo) proprio dell’adulto e dell’uomo libero.
Importante è non confondere la conoscenza con la falsa conoscenza, poiché la seconda porterebbe a prendere decisioni errate, o le cui conseguenze non sarebbero desiderate o previste.
Una falsa conoscenza è come un simbolo matematico sbagliato in una equazione, non importa quanto siano corretti tutti i passaggi, il risultato sarà errato.
Questo è il motivo per cui, quando si vuole una reale emancipazione è necessario avere tutti gli elementi che ci possano permettere di comprendere e definire la situazione, non per avere un reale controllo sugli eventi, ma per poter essere liberi di valutare le conseguenze delle nostre scelte e decidere come procedere sulla base dei valori che costruiscono la nostra persona. Valori che a nostra volta dobbiamo imparare a conoscere, prima che terzi ce ne conferiscano “d’ufficio” altri per il loro interesse.
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